E’ interessante esaminare il caso di un avvocato privo di crediti CFP nell’ultimo triennio in quanto precedente giurisprudenziale.
La vicenda fa riferimento al triennio 2011/2013 per il quale era prevista l’acquisizione di 75 crediti formativi.
In seguito alla segnalazione del Consiglio dell’Ordine il legale viene pertanto sanzionato con una sospensione di mesi due.
Successivamente dopo ricorso al Consiglio Nazionale Forense da parte del legale, emergono alcune peculiarità interessanti che portano il 5 novembre 2021 alla rimodulazione della sanzione in una censura ritenendo eccessiva la sospensione.
Il limite temporale relativo all’applicabilità della sanzione viene identificato con l’entrata in vigore della legge 247/2012, pertanto essendosi svolti i fatti oltre tale data viene ritenuto legittimo l’obbligo formativo.
Ricordiamo che la legge 247/2012 dispone che: “L’avvocato ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al migliore esercizio della professione nell’interesse dei clienti e dell’amministrazione della giustizia”.
Accertata anche la non applicabilità della prescrizione poiché il termine di 6 anni si rinnova ad ogni notifica di illecito, notifica del consiglio distrettuale di disciplina e notifica della sentenza emessa dal CNF, senza che il prolungamento possa superarsi di oltre un quarto.
Precisato che l’obbligo di formazione non può ritenersi adempiuto richiamando lo studio svolto in proprio sulle materie di interesse (CNF sent. n. 218/2016, CNF sent. n. 204/2017, CNF n. 123/2015).
In conclusione il Consiglio di Disciplina ritiene che essendo l’infrazione reiterata durante tutto il triennio non è possibile applicare il mero avvertimento con l’invito a non ripetere quanto commesso, non ritiene tuttavia nemmeno applicabile la sospensione ritenuta una sanzione eccessiva. Ritiene invece congruo applicare la censura che “consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione” (art. 22 c. 1 lett. b) CDF)